MESSA ALLA PROVA E RESPONSABILITÀ DEGLI ENTI EX D. LGS. 231/2001

SEZIONE: NOVITÀ LEGISLATIVE E GIURISPRUDENZIALI PENALE MESSA ALLA PROVA E RESPONSABILITÀ DEGLI ENTI EX D. LGS. 231/2001

Le argomentazioni della giurisprudenza sul tema della messa alla prova e responsabilità
amministrativa da reato degli enti: le Sezioni Unite aderiscono all’inapplicabilità del rito.

La recente sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (n. 14840 del 6 aprile 2023, ud. 27 ottobre 2022) interviene sul contrasto giurisprudenziale relativo al tema della possibilità dell’ente di accedere alla sospensione del procedimento con messa alla prova.

 

Tale rito, introdotto nel 2014 modulando la probation già disciplinata nel processo minorile, prevede la possibilità di richiedere appunto la sospensione del procedimento al fine di effettuare, contestualmente a tale periodo, delle condotte volte all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, nonché di risarcire ove possibile il danno cagionato e svolgere attività di rilievo sociale, secondo uno specifico programma elaborato in collaborazione con i servizi sociali e specifiche strutture.

 

Tuttavia, l’assenza di qualsivoglia riferimento agli enti nelle disposizioni che regolano tale istituto, sebbene introdotto successivamente al d. lgs. 8 giugno 2001 n. 231 di disciplina della responsabilità amministrativa da reato dell’ente, ha introdotto la questione della sua applicabilità o non al procedimento ex d. lgs. 231, facendo registrare divergenti posizioni giurisprudenziali di merito e di legittimità.

 

Un primo orientamento giurisprudenziale (Tribunale Modena 19.10.2020; Tribunale Bari 22.06.2022; Tribunale Trento, 18.12.2019), costituito da pronunce favorevoli, sostanzialmente operava un’interpretazione estensiva ovvero analogica della messa alla prova nei confronti degli enti, ritenendone la disciplina pienamente compatibile per struttura e finalità.

 

In particolare, le argomentazioni a supporto di tale interpretazione sono rappresentate:

  • dalla possibilità di riconoscere in capo all’ente un giudizio positivo circa la futura rieducazione – finalità primaria della messa alla prova – dimostrato dalla circostanza che l’adozione di un modello organizzativo prima della commissione del fatto che, sebbene ritenuto inidoneo ad evitare il reato, sarebbe comunque indicativo di diligenza;
  • dalla circostanza che, generando effetti favorevoli per l’ente, l’applicazione in parola non violerebbe il principio di tassatività e riserva di legge penale.

La corrente negativa all’ammissione dell’ente alla prova (Tribunale Spoleto 21.04.2021; Tribunale Bologna 10.12.2020; Tribunale Milano 27.03.2017), al contrario, faceva leva sulle seguenti motivazioni:

  • la disciplina ex art 168 bisp. non è applicabile ai casi non espressamente previsti, in ossequio al principio di riserva di legge;
  • manca una norma di coordinamento tra la disciplina della responsabilità da reato dell’ente e la disciplina della messa alla prova, che sarebbe da interpretare come una precisa volontà del legislatore, il quale avrebbe intenzionalmente scelto di escludere l’ente dall’ambito soggettivo di applicazione;
  • i due istituti sarebbero incompatibili in quanto la messa alla prova è strutturata sulla figura dell’imputato persona fisica in ottica non solamente special preventiva, ma soprattutto rieducativa;
  • mancherebbero nella disciplina degli enti indicazioni circa l’ambito di applicazione e i requisiti oggettivi di ammissibilità, previsti solo dall’art. 168 bis c.p. in relazione all’imputato persona fisica (ad esempio, la previsione di non aver già usufruito di tale rito in precedenza, l’applicabilità a determinate categorie di reato).

La pronuncia delle Sezioni Unite, in particolare, aderisce al restrittivo orientamento, escludendo l’applicabilità della messa alla prova nei confronti dell’ente sulla base di una precisa considerazione, ossia ritenendo che l’attuazione della stessa a categorie di soggetti non espressamente contemplati dalla legge quali suoi destinatari è in contrasto con il principio della riserva di legge ex all’art. 25 comma II della Costituzione, non potendo sopperire a tale indicazione l’analogia in bonam partem, né l’interpretazione estensiva.

 

In secondo luogo, l’inapplicabilità deriverebbe dalla considerazione che la messa alla prova ha natura sanzionatoria penale (secondo quanto ribadito anche dalla giurisprudenza costituzionale) e non potrebbe trovare applicazione verso gli enti che, invece, non possono essere destinatari di precetti penali. 

Tags

Cosa ne pensi?