Il marchio, segno distintivo di prodotti o servizi, è fondamentale nel mercato moderno per garantire l’identificazione dell’origine aziendale e la qualità dei beni.
La sua tutela non è affidata solo al diritto civile, ma anche al diritto penale, che sanziona le condotte volte a ledere la sua funzione e trarre profitto dalla sua contraffazione.
Gli artt. 474 e 648 del codice penale sono due strumenti fondamentali per la repressione delle frodi in commercio e la tutela dei marchi.
Tuttavia, presentano importanti differenze.
Art. 474 c.p. – Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi
Punisce chi introduce nello Stato, detiene per vendere, pone in vendita o mette in circolazione prodotti industriali con marchi o segni distintivi contraffatti o alterati, al fine di trarne profitto.
Oggetto giuridico: La norma tutela la fede pubblica, la fiducia dei consumatori nell’autenticità dei marchi e nell’origine dei prodotti.
La Cassazione Penale, con la sentenza n. 4399 del 24/01/2018, ha ribadito che la tutela penale del marchio mira a preservare la genuinità dei prodotti e la lealtà degli scambi commerciali.
Elemento soggettivo: È richiesto il dolo specifico, la volontà di trarre profitto dalla commercializzazione di prodotti con marchi falsi.
Condotta tipica: La norma prevede diverse condotte, tra cui l’introduzione nello Stato, la detenzione per la vendita, la messa in vendita e la circolazione di prodotti con marchi contraffatti.
Art. 648 c.p. – Ricettazione
Punisce chi, fuori dai casi di concorso nel reato, acquista, riceve oppure occulta denaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto, o si intromette nel farle acquistare, ricevere od occultare.
Oggetto giuridico: La norma tutela il patrimonio e l’ordine economico.
Elemento soggettivo: È richiesto il dolo generico, la consapevolezza di acquistare, ricevere o occultare cose provenienti da un delitto.
Condotta tipica: La norma prevede diverse condotte, tra cui l’acquisto, la ricezione e l’occultamento di cose provenienti da delitto. Nel caso dei marchi, si applica quando l’agente acquista, riceve o occulta prodotti con marchi contraffatti, sapendo che provengono da un reato di contraffazione (art. 473 c.p.).
Ad esempio, la Cassazione Penale, con sentenza n. 26179 del 05/07/2012, ha confermato la condanna per ricettazione per chi aveva acquistato e rivenduto capi di abbigliamento con marchi contraffatti, pur essendo consapevole della loro provenienza illecita.
Analisi comparativa
L’art. 474 c.p. tutela la fede pubblica e punisce condotte dirette a immettere sul mercato prodotti con marchi falsi, richiedendo il dolo specifico di trarne profitto. L’art. 648 c.p. tutela il patrimonio e l’ordine economico, punendo l’acquisto, la ricezione o l’occultamento di beni provenienti da delitto, tra cui i prodotti con marchi contraffatti, con la consapevolezza della loro provenienza illecita.
Concorso tra i due reati
In alcuni casi, le condotte di chi commercia prodotti con marchi contraffatti possono integrare entrambi i reati. Ad esempio, chi acquista prodotti contraffatti sapendo che provengono da un delitto di contraffazione e li rivende. In questi casi, si applica il principio del concorso di reati.
A tal proposito, fondamentale è la pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione Penale n. 23427 del 07/06/2001, che ha chiarito la distinzione tra i due reati, affermando che:
Il delitto di ricettazione (art. 648 c.p.) e quello di commercio di prodotti con segni falsi (art. 474 c.p.) possono concorrere, atteso che le fattispecie incriminatrici tutelano beni giuridici diversi (il patrimonio e la fede pubblica) e richiedono elementi soggettivi differenti (dolo generico per la ricettazione e dolo specifico per l’art. 474 c.p.).
Conclusioni
Gli artt. 474 e 648 c.p. sono due importanti strumenti per la tutela penale dei marchi. La loro corretta applicazione richiede un’attenta analisi degli elementi costitutivi di ciascun reato e delle specifiche circostanze del caso concreto, alla luce dei principi affermati dalla giurisprudenza, in particolare dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 23427/2001.
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